Nel 1989 veniva pubblicato un articolo del teologo Luigi Sartori dal titolo “Verso un Chiesa tutta ministeriale” che trattava, già in quegli anni, il “problema” dei ministeri nella e per la Chiesa. Prendendo spunto dal titolo, vorrei proporre una riflessione sia su un percorso, quello promosso dall’ufficio Liturgico, sia sulle perplessità, domande, riflessioni che questo produce.
Il percorso
Il cammino di Formazione (dopo la partenza di padre Massimo Siciliano) ha visto il suo nascere nel mese di maggio del 2022 con due incontri nei quali i relatori, don Francesco Verzini e padre Andrea dall’Amico, hanno approfondito il tema ricorrente della ministerialità nella Chiesa, in particolar modo tracciando la spiritualità del ministero istituito del lettorato e accolitato, anche in virtù della pubblicazione del Motu Proprio Spiritus Domini di Papa Francesco che ha permesso l’accesso anche alle donne (2021). Sono seguiti a questi, altri 10 incontri di Formazione con altri relatori come don Giovanni Frausini, Sr Ilaria Maria Simoni, S.E. Mons. Luciano Paolucci Bedini e S.E. Mons. Vittorio Viola. Grazie alla loro voce, si è potuto percepire il soffio dello Spirito che spinge la Chiesa ad una partecipazione corresponsabile e matura.
Ma che cos’è questa ministerialità oggi?
È una domanda che, in questo percorso, si è ripetuta. Cerchiamo di definire partendo dalla storia. A partire dal IV secolo, viene definita progressivamente una strutturazione ministeriale della Chiesa. Lo sviluppo del cursus honorum clericale rispecchia i cambiamenti che stanno investendo il cristianesimo, ormai divenuto religione dell’Impero, e risponde alla necessità di selezionare, preparare, valutare i leader della Chiesa (Serena Noceti). Si adotta in questo periodo il passaggio da ordini minori a ordini maggiori, in un movimento ascendente per il progredire nella “carriera” ecclesiastica. Questa gradualità viene definita nel X secolo con il Pontificale Romano Germanico, che ne fissa il numero di nove e la sequenza: salmista, ostiario, lettore, esorcista, accolito, suddiacono, diacono, sacerdote, vescovo. Nei secoli successivi questi subiranno modifiche fino alla Lettera apostolica Ministeria Quaedam di Papa Paolo VI (1972) che sopprime di fatto tutti i ministeri a parte l’accolitato e lettorato (aperto anche ai laici) e quello del diaconato e presbiterato per i chierici. Già il CVII metteva in luce la partecipazione dei fedeli grazie al proprio sacerdozio battesimale ma che, nella prassi, i ministeri minori rimasero le tappe per i candidati al sacerdozio ministeriale.
L’importanza della partecipazione attiva
Oggi, anche data dal bisogno, va scoperta maggiormente quella partecipazione attiva che coinvolge ogni fedele a donarsi per la comunità che è Chiesa-corpo. Questo esige un passaggio dalla concezione verticistica (dove c’è un vertice da raggiungere), ad una carismatica (dove ognuno è chiamato a mettere il “proprio”). Questo è ciò che ci ricorda San Paolo nella lettera ai Corinzi (1Cor 12): «A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune» e ancora: «Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l’udito? Se fosse tutto udito, dove l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo». Queste parole di Paolo ci portano a sottolineare che il “servizio” non serve al membro stesso ma all’intero corpo, perché questo possa svilupparsi e crescere. Ma come? Sicuramente non accentrando tutti i servizi sulle “solite poche persone” ma cercando di corresponsabilizzare più fedeli possibili. Così avremo chi proclama la Parola di Dio, non soltanto dagli amboni ma che la farà riecheggiare anche dai tetti: nelle famiglie da accompagnare verso il battesimo dei figli, o alle giovani coppie che hanno sigillato la loro unione con il sacramento del matrimonio, agli adolescenti, giovani e adulti. Così avremo accoliti che si offrono per “il corpo mistico di Cristo” soprattutto riconosciuto nei deboli e nei malati (Cfr. Ministeria Quaedam), o che permettono alla comunità di godere momenti di adorazione e di preghiera.
La proposta formativa dell’ufficio Liturgico diocesano
Per questo la Formazione proposta dall’ufficio Liturgico non è mera preparazione ad un ministero da accogliere, ma un “formazione permanente” per allontanarsi dal concetto “vecchio” di promozione o di cammino professionale. I ministeri (servizi) non possono essere visti come medaglie da esibire, ma lo specchio del paradigma che ci ha dato Gesù: chi vuole essere il primo sia l’ultimo. Invito per questo i sacerdoti ad un profondo discernimento sui candidati da presentare, perché questi “servano” veramente. È la comunità stessa che, in un certo modo, ne fa richiesta riconoscendo in alcuni il carisma ministeriale per sopperire ai bisogni emersi; e si eviti di “promuovere” laici come surrogati del ministero sacerdotale arrivando a fargli fare cose che non spetta al loro servizio. Che invece si possa sognare una Chiesa circolare, e non più piramidale, dove ognuno ha la sua vocazione creativa a servizio di un tutto che, nel progetto di Dio, è «Presenza» nella storia, e quindi anche nel nostro oggi.
Don Nicola Testamigna